G.O.C., la Vendetta arriva dal Nord

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view post Posted on 12/2/2011, 12:41     +1   -1
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In fondo a ogni credenza c'è una verità. In fondo a salotto c'è una credenza. Ciò prova che i salotti esistono.
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Ecco qui, ricomincio dal capitolo 1, a "grande" richiesta >_>



Capitolo 1
Neve e Sangue


Allora... come cominciare questa storia? C’era una volta? No, troppo bambinesco... Era una notte buia e tempestosa... non è nemmeno sera! Forse meglio cominciare dal principio, in fondo voi che leggete ignorate ciò che è accaduto sino ad oggi. Infatti non siamo più nel vostro oggi, ma nel nostro, in un futuro molto lontano e quanto mai violento. L’effetto serra non diminuì col passare degli anni, nonostante i vari tentativi e i ghiacciai, polari e montani, si sciolsero rapidamente, andando ad aumentare il livello degli oceani ma non solo, infatti, con una maggiore quantità di acqua dolce, la diversa salinità che permetteva il fluire delle correnti terminò e le correnti calde cessarono di esistere, e sempre a causa di una maggiore concentrazione di acqua dolce, il mare si congelò più facilmente, i poli si estesero e nacque un’altra era glaciale, che sembrò non finire più. I governi, messi alle strette, cedettero una debole e traballante democrazia ad una dittatura, che presto divenne il peggior nemico del popolo, ancora più del freddo insistente, che grazie alle moderne tecnologie, comunque sviluppatesi, risultava accettabile. Un tempo si prosperava costruendo alti e robusti edifici, oggi, il nostro oggi, si prospera maggiormente solamente sottoterra, creando immensi edifici sotterranei, ottenendo l’energia sufficiente da quel poco sole che le nuvole ormai perennemente in cielo lasciano filtrare. Una cosa positiva, in questo mondo però c’è, è finito il petrolio, per cui le guerre che si combattevano per esso son terminare, l’Arabia e i paesi che di petrolio vivevano, hanno alla fine rinunciato e hanno rivelato un’economia povera, tanto da portarli al fallimento. Oggi il medio oriente è libero, nel senso che non vi è più alcuno stato a governarlo. Si può però dire non a torto che ai pochi vagabondi che ancora son residenti di quella zona che son stati fortunati, forse combattono per un pezzo di pane, ma di sicuro va meglio a loro che ad altri popoli, liberi e prigionieri al tempo stesso. Un esempio lampante può esser quelli che una volta erano chiamati Stati Uniti d’America, ha mutato il nome in Unione Nordamericana, e se un tempo era esempio di democrazia, oggi è governata da un subdolo e malvagio dittatore, chiamato Christian Sutler. Avete ragione, una dittatura, un cattivo potente, un mondo che va a rotoli... sembra proprio un'altra storia come le altre, probabilmente ora vi presenterei il classico buono dal cuore puro che combatte da solo per sconfiggere i malvagi. Be’ su una cosa avete ragione, combatte i malvagi, ma ci son alcuni tipi di male, che possono esser sconfitti solo da altro male, un male più profondo, contamina i cuori delle persone gentili e rabbuia le persone felici. Viene chiamato anche vendetta.
Ma non divaghiamo! Per cominciare finalmente la nostra storia, direi di spostarci in una città grande come il mondo ma più vuota delle tasche dei pochi che ancora osano viverci, magari ai vostri tempi era molto famosa, si chiama New York. Come ho detto, magari ai vostri giorni era ricca e splendida, ma quella che potete vedere oggi è solo un ammasso di edifici freddi e vuoti, nemmeno un barbone osa viverci. Oggi è quel che si dice “città fantasma”.
Be’, a dirla tutta, non è proprio vuota, così come tutte le altre città abbandonate: ormai vi vivono i banditi della peggior specie, rapinano chi capita a tiro e alloggiano in una base creata dagli edifici abbandonati di città come la nostra New York. Non è un mondo felice e la parvenza di ordine serve a nascondere un caos senza precedenti, una continua guerra senza quartiere, dove le bande più forti distruggono quelle deboli e il governo cerca di contenere quelle troppo forti. Ma c’è né una, la più grande e devastante organizzazione nemica dei governi a regime totalitario, che combatte ormai ovunque. Ha sede in un luogo imprecisato del Grande Nord, una fascia di terra, perennemente ghiacciata, che comprende dal vecchio confine canadese fino al Polo Nord, nel continente americano, quasi tutta la steppa siberiano in Asia e gran parte della Scandinavia in Europa. Tuttavia questi confini son puramente indicativi, questa Grande Organizzazione Criminale, come è ufficialmente chiamata, non ha un proprio territorio e prospera ovunque vi sia anarchia, specialmente nei climi freddi, come appunto il Grande Nord. Zoomiamo nelle strade ghiacciate di New York ora, concentrandoci nella storia (finalmente, scommetto molti voi diranno) notiamo che in una panchina, vi è una forma tutta coperta di giacche scure, una più pesante dell’altra, e un paio di occhiali scuri per impedirne di vedere gli occhi. Sembra congelata, però il lento respiro regolare fa capire che è viva. Un rombo in lontananza gli rivela l’avvicinarsi del proprio obbiettivo. Motori. Quanto li ha aspettati in quella strada fredda! Per fortuna il sole pomeridiano gli permette di non congelarsi, altrimenti non sarebbe più riuscito ad alzarsi da quella panchina! Finalmente quella banda di motociclisti appare al capo della strada, sgommando e slittando, ignorando il ghiaccio che ricopre l’asfalto, corre ululando come cani rabbiosi, probabilmente il loro ultimo colpo. Lo avevano appena sorpassato a velocità folle, quando quello di testa, probabilmente il capo, fece testacoda e tornò indietro, fermandosi proprio davanti alla figura.
- Ehi gente! Venite a vedere un po’ ‘sto qui!
Immediatamente la banda, che venerava il proprio capo come un dio, data la loro incapacità quasi totale, si affrettò ad imitarlo ed a tornare indietro fino alla figura incappucciata.
- Sembra si sia congelato!
Gli altri risero, obbedienti
- Chissà se ha ancora dei soldi nelle tasche, ‘sto sfigato
Non fece in tempo ad allungare la mano, che senza preavviso, la figura si mosse, estrasse una pistola, la puntò alla fronte del capo della Banda del Teschio, come dicevano di chiamarsi, e sparò un singolo colpo che rimbombò per tutta la zona. Intanto gli altri, non avevano ancora capito cosa diamine fosse successo, nemmeno dopo che il loro capo fosse caduto riverso a macchiare il ghiaccio di sangue e cervella, tanto erano stupiti della rapidità del tizio ricoperto di giacconi. Si tolse gli occhiali e rivelò un paio di occhi freddi come il ghiaccio e terribili come la morte
- Buh!
La banda corse alle moto, anche se in cuor loro sapevano che era inutile, che era tutto un gioco sadico del tizio armato, che si divertiva a giocare al tiro a segno. Un altro colpo, un altro ed un altro ancora. Altrettanti corpi caddero a terra, morti. Nel frattempo però, quelli che avevano raggiunto le moto erano riusciti a calmarsi dallo spavento e cercarono di rispondere al fuoco mentre partivano a razzo. Erano però dei completi incapaci, come ho detto, e mancarono vistosamente il bersaglio. Per loro fortuna, invece, il pistolero aveva un’ottima mira e non mancò nemmeno un bersaglio, evitando loro di morire dal freddo o dissanguati. Aveva calcolato tutto, e non sprecò nemmeno un colpo. Quando tornò il silenzio, era l’ultima persona viva in quella via. Almeno così credeva. Si stava girando, quando vide l’ombra di un lampione stranamente deformata. Aveva la forma di un uomo! Si girò con rapidità eccezionale e sparò due colpi, mal mirati ma comunque letali. Uno colpì la lampada, mandandola in frantumi, l’altro colpì l’aria, mancando di pochi centimetri l’orecchio di un’altra persona, che sembrava armata per una guerra! L’armatura antiproiettile era imbottita, anche se leggera, alle mani aveva guanti e alcuni bracciali che venivano dati solamente in dotazione ai Soldati Scelti dell’Esercito, bracciali che permettevano di lanciare arpioni collegati a cavi d’acciaio per arrampicate ripide. Alla cintura un coltello e due pistole, mentre sulla schiena, in diagonale, si poteva vedere chiaramente una spada lunga ricurva: una katana.
- Quella spada...
Disse a sé stesso, quasi spaventato all’idea di chi potesse essere quella persona. Non lo vedeva in faccia, siccome era controsole, ma quella spada era inconfondibile: solo una persona era tanto pazza (o tanto forte) da girare ancora con un arma bianca, di questi tempi. Nonostante la precisione dei colpi, non si era smosso di un millimetro e continuava a guardarlo divertito. Riottenne la calma poco dopo e decise di esser il primo a parlare. Non c’erano dubbi su chi fosse quel bandito!
- Cosa ci fa un vip come te in questa malfamata zona di gelo?
- Cercavo compagni
- Quelli che ho ucciso?
- Forse
La risposta lo lasciò di stucco, non sembrava aver problemi di sorta, nonostante fosse davanti ad un esponente dell’esercito che più di ogni altro gli dava la caccia.
- Sarebbe stato uno spreco! Erano deboli, come hai potuto notare.
- Sì, ho notato... ma io, ho un certo debole per chi, come me, uccide voi cani governativi, per cui mi sembra lecito vendicarli
Quella nuova risposta lo lasciò interdetto. Ammetteva a cuor legger che lo avrebbe ucciso, o che ci avrebbe provato. Vista con razionalità, sapeva di non aver possibilità, ma non poteva fuggire ora, non ora che poteva fare un salto di qualità e di gradi, se lo avesse catturato! L’orgoglio e l’avidità sarebbero stati la sua condanna. Stava ancora pensando come avrebbe fatto a catturarlo, che il tizio strano, seduto sul lampione, parlò per primo, stavolta
- Prima però voglio chiederti una cosa: pensi che manderanno un nuovo Guardiano in questa zona, dopo che ti avrò eliminato?
E così crede davvero di potermi uccidere, pensò il soldato. I Guardiani son soldati addestrati a proteggere alcune specifiche zone ed a liberare dalla loro “giurisdizione” le bande di criminali che la infestavano, come penso alcuni di voi possano aver intuito.
- Ovvio! Ora che sapranno che sei in questa zona, verranno anzi in molti di più, pazzo!
Appena terminò la frase, alzò fulmineo la pistola e sparò tre colpi. In risposta, l’altro, senza scomporsi estrasse con la sinistra una sua pistola e sparò altrettanti colpi, con rapidità ancora maggiore. I proiettili si scontrarono precisi a mezz’aria e rimbalzarono via. Intanto però, con la destra, il ricercato aveva lanciato due piccoli arpioni, inchiodando al ghiaccio l’agente del governo, prima che lui potesse schivarli. L’agente ignorò il dolore, non era l’ultimo arrivato, avrebbe venduto cara la pelle! Sparò... ma non partì alcun colpo. La moderna tecnologia permetteva di avere caricatori estremamente più duraturi ma a quanto pare lui aveva finito lo stesso i proiettili. Condannando sé stesso.
Il protagonista, sparò un arpione, stavolta collegato da un cavo, verso il lampione posto dopo l’agente. Si lanciò a semicerchio ed estrasse la katana durante il volo con rapidità eccezionale. Aveva calcolato tutto, i proiettili dell’avversario, la velocità di reazione, la posizione. Semplicemente tutto. Ritirò il cavo e lo lanciò di nuovo, stavolta diretto ad una finestra di alcuni uffici, come aveva programmato. Ritirò di nuovo il cavo e appoggiò i piedi nel vecchio ufficio proprio mentre il busto dell’agente si staccò dalle gambe, e cadde sulla neve, diviso a metà dalla devastante katana del più pericoloso tra i ricercati: Leon Hetfill, creatore e capo della Grande Organizzazione Criminale. Il nostro vero protagonista.
Squillò un cellulare, che portava su una tasca dell’esterno coscia, a sinistra. Rispose subito e una voce chiese
- Fatto?
- Un Guardiano ha fatto fuori il capo prima che potessi fare qualcosa
- Sì, immagino... come minimo li guardavi da un quarto d’ora
- Mi leggi nel pensiero
Sorrise divertito di quel battibecco. Accese il monitor di quel vecchio computer, ancora funzionante perfettamente. La sua Organizzazione aveva migliaia di posti come quello, mascherati da luoghi sperduti, ma in realtà basi informatiche per lanciare ordini in tutto il globo. Purtroppo lui era negato per i computer, per cui si fece dire per telefono come fare per entrare illegalmente nel circuito del Governo. Avrebbe creato un po’ di scompiglio, questo era certo. Diede un paio di ordini falsi, inviò falsi messaggi di riuscito assassinio della sua persona e anche false foto del suo cadavere. Non credeva che gli informatici della capitale ci cascassero davvero. Ormai le inviava almeno tre o quattro volte all’anno e avevano capito che erano tutte false. Però i finti ordini, ogni tanto, funzionavano e una squadra si sarebbe diretta dove voleva lui, per finire nelle fauci dei suoi uomini, a creare uno sterminio dietro l’altro.
- Se ci cascano sono idioti
- Be’ speriamo lo siano
Rispose la voce al telefono e chiuse la chiamata. Avvertì un rumore, un piccolo ronzio, ignorato da qualsiasi persona comune ma non da Leon, abituato a cogliere il minimo movimento per evitare la cattura. Spense immediatamente il computer e si accucciò sotto la finestra proprio un attimo prima che quella che sembrava un’astronave passò a pochi centimetri dalla finestra, ad osservare la strage sotto di loro
Merda, han già mandato una pattuglia! Pensò Leon.
 
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]Crusader[
view post Posted on 12/2/2011, 14:46     +1   -1




li metti uno alla volta? xD
 
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view post Posted on 12/2/2011, 15:04     +1   -1
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Yes v.v troppi caratteri sennò XD
 
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>Rec
view post Posted on 12/2/2011, 15:10     +1   -1




Grande richiesta? Ma quando mai :asd:
SPOILER (click to view)
Scherzo, W Goc xD
 
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]Crusader[
view post Posted on 12/2/2011, 17:58     +1   -1




piu che rimetterlo dovresti continuarlo ò_ò
 
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view post Posted on 12/2/2011, 17:58     +1   -1
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Lo so ma non è periodo .__. te dovresti saperlo Crusca...
 
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]Crusader[
view post Posted on 15/2/2011, 20:08     +1   -1




beh ma prima di cio che so potevi ù_ù
 
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view post Posted on 15/2/2011, 23:07     +1   -1
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Capitolo II
Giochiamo?


L’astronave, che ricordava un elicottero militare senza eliche, si spostava su pannelli elettrici, che causavano il ronzio. Aveva due aperture laterali, dai quali vennero calate cinque corde, e altrettanti soldati scivolarono lungo esse fino a toccare il ghiaccio insanguinato. Il loro mezzo di trasporto si era però dovuto abbassare, arrivando sotto il livello di Leon che ne approfittò per salirvi sopra, cercando di far meno rumore possibile. Poteva sentirli commentare la strage, e anche contare le maledizioni contro i criminali che le creavano.
Uno dei soldati, poi indicò verso l’alto e temette di esser stato individuato, seppur solo per un istante. Per fortuna il militare indicava il palo che aveva usato poco prima per lanciarsi nell’ufficio.
Ha buon occhio, pensò sorridendo, sapendo cosa sarebbe successo da lì a poco. Infatti, attese, ignorando il freddo, e dopo pochi minuti in cui si accertarono che le vittime fossero veramente tali (per evitare future vendette, era la procedura) sfondarono la porta congelata dell’edificio usato da Leon come stazione temporanea. Sapeva che a bordo erano rimasti in tre, il pilota, quasi incapace al combattimento, e due guardie, una per ogni varco laterale, armate del minimo indispensabile, un fucile e una pistola. Si lasciò scivolare verso una porta, e vide la guardia sotto di lui, a portata di braccio. Veloce come il lampo, lo prese per le spalle e lo lanciò fuori, facendo cadere da qualche metro d’altezza. Non sarebbe morto, non da quell’altezza, però il ghiaccio gli avrebbe probabilmente rotto qualche arto e il freddo avrebbe fatto il resto, infatti i soldati non raccoglievano i feriti, mai (sempre secondo la procedura, i militari di basso livello non dovevano pensare, solo ubbidire).
Non aveva molto tempo, anche se a trovare l’ufficio e tutto il resto avrebbero impiegato svariati minuti, con un po’ di fortuna addirittura un paio d’ore, se il pavimento o le scale avevano ceduto al ghiaccio e all’usura, decise di fare in fretta. Come calcolato, il secondo militare si spostò sul secondo varco, per osservare cosa aveva spinto fuori il compagno, e Leon si spostò velocemente dall’altro lato, fece perno con le mani per buttarsi dentro e colpire con un calcio la schiena dell’ultimo membro armato a bordo. Il pilota, armato di una semplice pistola, non aveva fatto in tempo ad estrarla o a lanciare un grido d’allarme, che Leon aveva estratto un coltello, glielo aveva puntato alla gola e minacciato:
- Una parola e ti sgozzo... però mi sento generoso, se risponderai correttamente a tre domande, ti lascerò in vita, altrimenti... penso tu lo sappia che fine farai!
L’altro non fece che tremare, cosa che Leon interpretò come assenso, forse spinto dalle poche grida che il vento faceva trapelare. Forse vi starete chiedendo come mai i soldati caduti non urlassero a squarciagola dal dolore. Be’ i loro caschi erano predisposti per missioni di incursione, per cui il livello di suono che poteva uscire da loro era minimo, per cui anche gridando, pareva stessero parlando ad una persona immediatamente vicino a loro. Il pilota invece non possedeva elmetti o altro, solo un cappuccio imbottito, e avrebbe potuto gridare, se solo non avesse avuto il coltello di Leon a contatto con la pelle.
- Domanda numero uno, quanto eravate vicini quando avete smesso di sentire il segnale del Guardiano?
L’altro stava per rispondere ma Leon premette ancora la fredda lama e avvisò
- Bada a come rispondi
Intendendo sia il tono ragionevolmente basso e la verità. Pena, la sua morte.
- Ok... ok... eravamo appena fuori dalla città...
- Domanda numero due, che ci facevate così lontano dai vostri punti di rifornimento?
L’altro sembrò tentennare, però una spinta della mano che teneva il coltello e che fece colare una goccia di sangue fuori dal collo del povero pilota, lo spinse a rispondere
- Dovevamo entrare di nascosto nel vostro territorio ed esplorare il vecchio Quebec, per cercare la vostra base! Ignoro se vi siano altre navi o altre missioni, per favore lasciami vivere, ho famiglia!
Man mano che la risposta proseguiva, il pilota (che ad onor di cronaca si chiamava Ken) stava iniziando a piagnucolare, probabilmente ripensando ai suoi cari, al sicuro al sud. Di sicuro non era molto coraggioso, ma almeno furbo sì.
- Non te l’avevo chiesto... comunque, terza domanda, di chi è questa nave?
La domanda lo lasciò perplesso, cosa che gli fece perfino dimenticare il rischio di morte che correva in quel momento.
- Mia?
Come non detto, non era nemmeno furbo.
Quando i militari entrarono nell’ufficio dove prima lavorava Leon, si sporsero dalla finestra rotta e videro tre corpi contorcersi sull’asfalto, la loro nave sollevarsi e girarsi verso di loro. Al comando stava il nostro caro Leon che li salutò, ironicamente, con il saluto militare per poi ripartire verso ovest, salendo di quota e chiudendo gli sportelli laterali. I soldati nel frattempo avevano superato lo shock e il comandante ordinò di far fuoco anche se ormai la loro nave era troppo distante...
Stava sorvolando New York, ad un pelo dai tetti quando il cellulare squillò. Fece un solo trillo, e Leon rispose immediatamente.
- C’è una pattuglia in avvicinamento nella tua zona...
- Grazie Sherlock, dimmi qualcosa che non so
- Che c’è n’è un’altra che sta girando a sud di Charlotte
- Dici che sanno di Matthews?
- Ne dubito, sarà una coincidenza
Per coloro che non conoscono la geografia americana, Charlotte e Matthews sono due città della North Carolina. In Matthews, inoltre, vi è una delle basi della Grande Organizzazione Criminale.
- Io invece preferirei controllare
- Non possiamo, e lo sai, dobbiamo rientrare, a Matthews se la caveranno benissimo in caso di attacco
- Ok, dove siete?
- Hai presente il vecchio Woodcliff Lake?
- Fate conto che ci sia già
Terminò la chiamata, rimise al suo posto il telefono cellulare e diede una forte accelerata, verso nord, stavolta. Il viaggio fu tranquillo, e arrivò nei pressi del lago ormai ghiacciato da chissà quanto tempo dove lo aspettavano i suoi compagni. Scese ad una quota alla quale poté aprire gli varchi laterali e iniziò a scrutare le coste per trovare il loro mezzo di trasporto ma niente. Le foreste ghiacciate sembravano nascondere mille segreti, anche se si poteva vedere a malapena oltre la prima fila di alberi. Uscì da quei pensieri con una scrollata di testa e conoscendo il suo vice, virò finalmente verso il centro del lago. Individuato il suo “camper corazzato” atterrò e spense i motori elettrici. Corse verso il camper, anche se di camper aveva ben poco. Possedeva dei cingoli da carro armato, vetri antiproiettile e che resistevano alle esplosioni, pareti resistentissime, una torretta girevole con mitragliatrice sul tetto, verso il fondo del mezzo, sopra i fanali, due fori rivelavano il poter lanciare dei razzi intelligenti, anche se dovevano la loro intelligenza all’abilità del suo artigliere. Bussò allo sportello posteriore secondo una precisa combinazione e dopo un secondo netto, gli venne aperto...
 
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view post Posted on 15/2/2011, 23:21     +1   -1




Che nostalgia, i primi cap di Goc *-* Fui uno dei primi lettori xD Da quanto tempo... Me**a, il 9 Goc ha compiuto un anno! Angurie XD
 
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view post Posted on 15/2/2011, 23:26     +1   -1
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Come passa il tempo o.o allora questa "ristampa" è per festeggiarlo XD
 
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view post Posted on 6/10/2011, 16:03     +1   -1




Il cap 3 si fa aspettare .-. Un giorno o l'altro potrei caricare la prima fic scritta da Voi-sapete-chi, un vero capolavoro :guru:
 
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view post Posted on 6/10/2011, 16:45     +1   -1
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Provaci e sarà l'ultima cosa che farai in vita tua.
 
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view post Posted on 6/10/2011, 16:51     +1   -1




Ho fatto bene a salvarmela in txt sul pc... Comunque... Attendiamo Goc ò_ò
 
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view post Posted on 27/2/2012, 19:36     +1   -1
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Capitolo III
La Guerra è inutile se si è Soli


Dapprima fu buio. Poi vennero accesi dei tubi al neon e non appena la sua vista si abituò a quella luce soffusa, vide una canna di pistola proprio in mezzo alla fronte e un personaggio molto simile a lui, che lo intimava:
- Rispondimi: la parola per entrare nel piano di allenamento della base è?
Sorrise, riconoscendo immediatamente il suo vice e la sua squadra dietro di lui.
- Orgoglio
Appena rispose, l’uomo abbassò l’arma e sorrise al settimo cielo. Anche le persone dietro di lui, prima rigide si rilassarono. Mentre loro si scambiano i convenevoli e ripartono verso nord, studiamoli un po’, anche per fare la loro conoscenza. L’uomo che ha puntato la pistola in faccia a Leon, è nientemeno che il suo Vice, nonché Comandante della divisione americana della Grande Organizzazione. Jason B. Mann, così si chiamava. Aveva i capelli neri, come Leon, ma più pettinati, all’indietro, il resto invece dava l’idea della guerriglia più selvaggia: alla cintura teneva caricatori sempre pronti a cambiare quelli vuoti per due pistole, tenute un po’ più in basso rispetto al solito, mentre sulle spalle aveva un fucile con ben tre tipi di munizioni, uno del tipo classico, uno a granate ed il terzo che lanciava un rete in fili d’acciaio. Era il più esperto in guerra del gruppo, non mancava mai un bersaglio e non sprecava mai i proiettili. Sotto il giaccone pesante, di un bianco neve, teneva due coltelli da lancio, per i casi estremi. Per quando doveva agire silenziosamente, il reparto scientifico dell’armata aveva impiantato ai lati dei suoi stivali un particolare congegno, in gradi di attaccare un silenziatore alle pistole, semplicemente appoggiando la canna su di esso e compiendo una piccola rotazione. Un altro personaggio di spicco era Harrison Gardeny. Se lo si guardava vestito, sembrava un semplice uomo, alto due metri e con le spalle larghe quanto un armadio, ma solo un uomo, esperto in ogni tipo di arma, in particolare i lanciarazzi. Ma anche dal vestiario straordinariamente leggero, una camicia nera a maniche lunghe aderente alla pelle e dei verde scuro, si capiva che lui era leggermente diverso da il resto del team. Infatti, ferito gravemente dopo una missione, i migliori medici e scienziati gli avevano impiantato parti meccaniche, insieme a straordinarie armi. Il risultato è stato il primo nonché più efficace cyborg dell’organizzazione. Ma non è il momento di dilungarci troppo nella descrizione dei moltissimi gadget che Harrison, Harry per gli amici, possedeva. Passiamo ora a Mark, tecnico del gruppo, meccanico del loro mezzo e anche hacker, esperto di computer e ogni cosa centrasse l’elettricità o la meccanica. Mark era anche colui che chiamava o rispondeva al telefono, quando uno o più membri erano fuori in missione. Si può dire che era colui che faceva funzionare al massimo gli ingranaggi di quella squadra. Aveva anche una discreta mira con il fucile. Subito dopo possiamo trovare Paul Bomer, esperto di esplosivi, il più giovane della squadra e anche quello dall’animo più focoso. È in grado di attaccare bombe ovunque, il suo record è l’aver collegato dieci mine anti uomo in modo che esplodessero simultaneamente quando anche solo una di esse fosse detonata, in meno di 7 minuti! A parte quest’esplosiva arte, ama la tequila e le notti di divertimento. Probabilmente è anche il più inaffidabile, però quando deve fare il suo dovere lo si trova sempre in prima linea. Per una descrizione fisica, posso dire che ha i capelli rosso acceso, senza bisogno di tingerli, lunghi e legati in una coda che arriva a metà schiena, ha occhi verdi e tiene sempre con sé un crocifisso d’oro, anche se non è credente o altro. Per ultimo, ma non ultimo, Klaus Klimber, ottimo agente, non eccelle in campi particolari ma sa rendersi utile in tutto quanto. Biondo e occhi azzurri, dotato di grande forza, sia fisica che morale, con il suo fucile mitragliatore è un ottimo soldato con una passione per le armi degna di nota, spesso offre copertura agli altri membri oppure guida anche le reclute nelle loro prime missioni. Bene, ora che abbiamo presentato tutti i membri possiamo fare un piccolo salto temporale, e quale modo migliore di farlo se non con un punto e a capo?
Eccoci quindi in una zona imprecisata del vasto Grande Nord. Un tempo qui c’erano le grandi foreste canadesi, oppure una ricca città, oppure era come adesso, una vasta distesa di ghiaccio e neve, che ricordava il deserto, ma molto più freddo e con una perenne tempesta di neve a tormentare le fredde dune. Un monte di ghiaccio li sovrastò in un attimo, avendo la visuale ridotta, ma loro proseguirono senza problemi. Gli unici movimenti che si notarono furono quelli di Leon, seduto al posto del viaggiatore, che tirò giù le gambe dal cruscotto e si risvegliò con uno sbadiglio, e di Paul, che appoggiò alla parete un lanciarazzi grande quanto lui, avendolo appena smesso di lucidare. Ad un certo momento, senza capire come o perché, si ritrovarono in un hangar, sotto il monte, mentre una saracinesca si abbassava per chiudere il passaggio. Scesero e trovarono un meccanico unto e sporco avvicinarsi a loro con una chiave inglese e una tanica di benzina.
- Ehilà! Già di ritorno boss?
Leon sorrise a Mike, il meccanico del loro mezzo, mentre annuiva distratto e si avvicinava all’unica porta dell’hangar, o meglio, del garage, messo a disposizione dall’Armata Rivoluzionaria. Infatti, dentro quelle mura, era questo il nome dell’organizzazione. Il monte era una copertura per celare la base. Al livello più basso vi erano garage piccoli come quello, che servivano ad ospitare i mezzi piccoli o medi, in modo che un meccanico li tenesse pronti per una partenza di emergenza, man mano che si saliva invece, si trovavano navi da guerra o carri semivolanti, nel senso che fluttuavano ma che oltre una certa altezza non riuscivano ad andare. Presi nel totale, quell’insieme di armamenti non erano che un centesimo della potente armata Americana, ma l’abilità dei piloti era sufficientemente grande per colmare nelle poche battaglie aeree il loro minor numero.
Entrarono quindi nell’unica porta e si ritrovarono in una scala a chiocciola, che scesero fino a quando non trovarono un ascensore dalla base circolare. Entrarono e premettero il secondo bottone. Mentre loro scendono, ecco una piccola descrizione della Sede Principale dell’Armata Rivoluzionaria. Essa si suddivide principalmente in tre livelli: il primo è quello già descritto dei garage e degli hangar di partenza, il secondo, che va dal secondo al decimo piano, è composto da anelli, man mano più profondi, in cui si possono trovare mense, arene, sale giochi per lo svago, palestre e chi più ne ha più ne metta, il terzo va dall’undicesimo al quindicesimo piano, che comprende gli alloggi. Vi è poi alla fine dell’ascensore, una piccola stanza sferica, situata al centro della struttura, più in basso dell’ultimo anello, usata come alloggio e ufficio di Leon.
Le porte dell’ascensore si aprirono e il capo scese, lasciando il resto della giornata libera. Hetfill si diresse senza indugio attraverso le varie stanze, ignorando la mensa, anche se aveva un certo appetito, e dirigendosi diretto verso la Sala Informazioni. Qui venivano raccolte le informazioni dalle altre basi dell’armata. Si avvicinò al direttore di quella zona, un tipo occhialuto e più basso di Leon, Eric Flamel
- Ci son messaggi per me?
Eric, si sorprese di sentire la voce del capo dietro di lui, anche se non era insolito vederlo per quel piano, e sobbalzò spaventato e minacciò malamente Leon con un coltellino, schivato senza problemi. Eric, anche se era un genio del computer e intelligentissimo, era assai miope, anche con gli occhiali. Quando poi capì con chi aveva a che fare ritirò subito l’arma.
- Chiedo scusa capo... voi... voi mi avete spaventato!
- Tranquillo! Allora, ci son messaggi per me?
Richiese, stavolta con impazienza
- Ehm... sì... due mi sembra... dove sono?
Mentre si girava verso la sua scrivania per trovare i fogli, Leon roteò gli occhi esasperato
- Eccoli!! Allora, uno dalla base di Matthews, dice che ci sono... che ci sono... movimenti sospetti poco più a nord ma che non sembrano sapere della loro esistenza in quella zona...
- Meno male! E il secondo?
- Eh? Ah già... suo fratello vuole parlare con lei
- COSA?! E quando chiamerà?
- Be’ se il mio orologio è giusto tra... 4 minuti.
- Mer...
Corse via e rifece tutto il percorso al contrario, di corsa, facendo cadere il vassoio carico di cibo di Paul che usciva dalla mensa. Ignorò le imprecazioni di quest’ultimo e anche la minaccia di fargli esplodere la sedia del suo ufficio un giorno o l’altro (minaccia che faceva ogni volta), chiamò come un disperato l’ascensore ma sembrava maledettamente lento! Mentre il nostro eroe aspetta l’ascensore posso provare a spiegare un po’ perché tutta quest’agitazione da parte di Leon. Il fratello, Frederick Hetfill, è l’unica persona pari a Leon nell’organizzazione. I due fratelli son infatti i creatori dell’Armata, e se Leon odia i governi dittatoriali, il fratello non è da meno. Tuttavia i due hanno compiti estremamente differenti, che si possono dividere in forza fisica per Leon e mente per Frederick. Quest’ultimo però, è anche l’unico che può spaventare il nostro eroe per il suo carattere. Ecco, possiamo dire che, a conti fatti, Leon sia sottoposto a lui. Finalmente le porte si aprirono e premette come indemoniato il sedicesimo piano, digitò la password a velocità incredibile e l’ascensore partì con una lentezza odiosa, dal punto di vista del boss. Finalmente si aprirono nuovamente le porte e si ritrovò nel suo ufficio circolare. Era diviso in due semi sfere, una, quella su cui dava l’ascensore, era un ufficio elegante ma pratico, con un megaschermo alle spalle della scrivania con un computer, la scrivania era fatta ad arco e dietro c’era una sedia girevole, che piaceva un sacco a Leon. Nell’altra parte vi era la sua stanza personale, con un letto, un armadio e una piccola stanza che faceva da bagno. Non era un locale lussuoso, dove abitava, però non gli era mai piaciuto considerarsi superiore ad un soldato, per cui aveva scelto di abitare in una stanza come quelle dei suoi sottoposti, con magari qualche aggiunta, giusto per la necessità che il suo ruolo faceva crollare sulle sue spalle.
Si sedette ed osservò il monitor, non fece in tempo a pensare cosa poter fare che ricevette la chiamata di Frederick. La passò sullo schermo alle sue spalle, come voleva facesse ogni volta che lo chiamava e si girò di 180° per guardare lo schermo, che appariva ancora zebrato. Pian piano le immagini si fecero nitide ma la cosa non migliorò. Come al solito, vergognoso del suo aspetto, Frederick aveva spento tutte le luci del suo appartamento al polo nord, dove abitava, in solitudine, entrando in contatto solo tramite computer. Fu anche il primo a parlare, con una voce sottile e sibilante
- Rubare una nave dell’esercito non era nei piani
- Scusa... è stato un errore ma...
- Niente ma! Attieniti agli ordini o muori nei laboratori di Sutler
- Chiaro.
- Ho un’altra missione per te
- Di già? Ma avevi detto che...
- Non avevo previsto che un idiota facesse intervenire altre pattuglie nella zona di Manhattan!
A quello scoppio di furia del fratello, Leon si zittì. Ogni missione che gli veniva affidata era di vitale importanza e non permetteva errori. Lui doveva rapire il capo della Banda del Teschio, ucciso dal Guardiano, perché sembrava sapere informazioni sulla Corporazione dei Servizi Interni, un’associazione di ex-delinquenti a cui è stata promessa la libertà a patto di subire esperimenti nei tristemente famosi laboratori governativi.
- Dunque... ho un’altra missione per te, stavolta dovrai andare in Alaska. È stata vista una colonna di mezzi armati dirigersi verso una nostra base. I miei informatori mi hanno rivelato che sanno dove cercare, anche se non il luogo preciso... vai là e distruggi la colonna, o come minimo falla tornare indietro.
- Va bene... volo o terra?
- Meglio se vai via terra. Nel caso distruggessero il tuo camper avresti qualche chance di sopravvivere, invece se ti abbattessero mentre sei in volo, la possibilità di sopravvivenza scende drasticamente... ricordati di non corre rischi inutili... sai chi siamo, io e te, e quanto siamo importanti per questa gu...
Spense la chiamata, avrebbe risolto l’ira fraterna in futuro, ora non aveva bisogno di stare a sentire la solita manfrina sulla loro importanza, inoltre temeva di scoprire quale fosse la base presa di mira dall’esercito e voleva arrivarci il più in fretta possibile. Salì al 5° piano ed una volta al centro di Comunicazioni Interne fece chiamare tutta la sua squadra.
Si ritrovarono dieci minuti dopo al garage del camper corazzato, quando anche Paul arrivò tutto imbronciato, lamentandosi di avergli fatto saltare la cena un’altra volta. E così, con Harry che discuteva con Paul sull’irresponsabilità di quest’ultimo, ripartirono per attraversare tutto il Grande Nord.
 
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